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I carciofi romaneschi o mammole

Le ricette base della cucina romana sono due: i carciofi alla romana e le mammole fritte alla giudia. Per entrambe le tipologie si presta in modo particolare viste le grandi dimensioni.

Come si cucinano le mammole a Roma

E’ auspicabile un’operazione di sbollentatura o una prefrittura del carciofo nel caso si debba friggere intero. Il modo migliore di farlo è ovviamente al vapore, perché se lo fate bollire in acqua il carciofo perde molte delle sue sostanze nutritive che si sciolgono.

Le ricette principali romane sono i carciofi alla romana e quelli alla giudia che sono di matrice giudaico-romanesca. Tuttavia trovano molta applicazione in molte ricette dove sono ottimi comprimari a causa del loro sapore con retrogusto amaro e della loro consistenza particolare e molto variabile secondo come si cuociono. Quindi avremo la coratella con i carciofi per esempio, ma anche l’insalata di polpo con patate e carciofi o l’abbacchio. Possiamo inoltre farli entrare in buonissime varianti della cacio e pepe e della carbonara. Quasi tutte le ricette le trovate in fondo all’articolo o comunque nel blog.

Difficilissimo a causa del retrogusto, l’abbinamento con il vino. Si preferisce molto l’abbinamento con il vino bianco, povero di tannini come il Frascati. Si potrebbe usare un rosso leggero solo se ci fosse anche la carne come accade per la coratella o l’abbacchio.

Mammole
Mammole

La mammola: caratteristiche.

Il carciofo mammola o carciofo romanesco o cimarolo è un ortaggio tipico laziale con caratteristiche specifiche. E’ grande ed il capolino (ossia la “testa del carciofo”) ha la forma sferica con il foro al centro in punta, Le mammole sono grosse e carnose e sono quindi l’ideale per le ricette che nel Lazio sono i carciofi alla romana ed il carciofo alla giudia. Le foglie esterne (o “brattee”) sono grandi, con venature di viola ed il sapore amaro. Quelle più esterne sono molto coriacee e vanno sempre tolte. Il gambo è grande, spesso, di media lunghezza e fibroso ma più tenero delle foglie, quindi deve cuocere meno (tenetelo presente nelle ricette). Il carciofo può raggiungere i 3 etti di peso e quindi in genere se ne prepara uno a testa. Il sapore è invece dolce ed intenso contemporaneamente.

Coriacea:  di aspetto e consistenza simile al cuoio. (Treccani)

La cucina romana tradizionale è basata su ingredienti poveri di cui i contadini potevano disporre facilmente, sia vegetali che animali e che potevano consumare in famiglia intorno al tavolo, tutti assieme. I contadini stavano a zappare tutto il giorno, come manderei a fare alcuni politici, ed avevano comunque bisogno di un rilevante apporto di calorie e quindi di energia in genere due volte al giorno: la mattina quando andavano nei campi e la sera quando tornavano. Ecco quindi nascere ricette di carne basate sul “quinto quarto” e le ricette giudaiche del ghetto e dei Castelli. Assieme alla trippa, ai rigatoni con la pajata, ed alla trippa sono nati i carciofi alla giudia (o alla giudea).

Parti del carciofo

Possiamo dividerlo in 3 parti:
a) il gambo: molto tenero e per questo va spesso cotto a parte e per meno tempo altrimenti si disfa;
b) il capolino: ossia quello chiamato in cucina “cuore del carciofo”; è la parte migliore e più consistente, più buona da mangiare. Potete trovare al supermercato anche buste da 100 cuori di carciofo congelati. A volte contiene la barba, ma di questo parleremo poi;
c) la corona di foglie: più dure all’inizio e più tenere alla fine. Ecco perché vanno spesso eliminati i primi strati ed ecco spiegata anche il motivo del classico “taglio a scalare” che si fa ai carciofi prima delle ricette.
d) le spine, a volte presenti, a volte no; ma vanno sempre eliminate.

La barba del carciofo

I carciofi a volte hanno una peluria interna chiamata barba e va assolutamente asportata perché immangiabile e non digeribile. Se il carciofo serve intero (carciofi alla giudia), aprite le foglie con le dita, e con un cucchiaino da cucina la asportate. Se invece lo dovete tagliare a pezzi, aprite il carciofo in due, ed asportatela aiutandovi con lo spelucchino.

Carciofi da pulire
Carciofi da pulire

Pulire i carciofi mammole

La prima cosa che dovreste procurarvi è lo spelucchino: un piccolo coltello a lama ricurva con cui potete fare tutte le operazioni che servono.

Spelucchino

Anzitutto si tolgono, la parte estrema del gambo (un paio di centimetri) e le foglie più esterne dure ed immangiabili. La loro quantità secondo l’uso che ne farete; se dovrete friggere i carciofi potete toglierne un poco meno perché le foglie diventano croccanti; se invece dovete fare i carciofi alla romana, dovrete toglierne una quantità maggiore.

Togliete poi la parte superiore del carciofo, con le eventuali spine, a scalare; ossia più esterne sono le foglie maggiore è la quantità che ne dovrete asportare.

Attenzione: ho detto asportare, non buttare (solo la barba potete proprio buttarla): il carciofo è ricco di inulina, che è il fenolo distintivo dei carciofi, che è fortemente prebiotica (ossia favoriscono lo sviluppo della flora intestinale), di antocianine, di flavoni, di tannini (gli stessi del vino). Tutte queste sostanze sono concentrate di più sulla parte esterna, per il semplice fatto che è quella più esposta alla luce del sole. Dopo opportuno trattamento, che consiste nella cottura di queste parti in pentola, fino al loro completo ammorbidimento, potete sia farne una crema sia spremerle nell’estrattore.
E’ vero che il carciofo, trattato in questo modo, ha un retrogusto amaro dipendente da sostanze chiamate sesquiterpeni, che pur essendo benefici, sono responsabili del sapore amaro. In questo caso facciamo bollire acqua in un pentolino, ci buttiamo le foglie, lasciamo raffreddare il tutto. e poi filtriamo. I sesquiterpeni sono liposolubili ma non idrosolubili, quindi il liquido risultante non sarà amaro.

Raccolta del carciofo

Il carciofo (cynara scolymus) è una pianta erbacea con un ciclo che va da autunno a primavera; anche se, seguendo una tecnica particolare, possono ottenersi tutto l’anno. La descrizione esauriente del carciofo, della sua etimologia e delle sue proprietà la trovate molto esauriente su questo link di wikipedia. Si chiama anche, come da Treccani, carduccio, cardoncellocagliopresame.

Le sagre del carciofo romanesco si svolgono ogni anno a Ladispoli (dal 1950) ed a Sezze nella prima quindicina di aprile. Sono proposte le più diverse ricette che hanno come base quest’ortaggio

Varietà di carciofi

I tipi principali di carciofo li trovate invece sul Giornale del cibo. Io dovrei copiare e cercare pure le foto, non si può fare. Ve la leggete se volete.

Una descrizione della varietà di carciofi presenti in Italia la trovate, se vi interessa, sull’Ortofrutta Mingarelli. In questo blog si parla delle ricette romane, e quindi qui trattiamo dei carciofi romaneschi, detti anche mammole.

Proprietà dei carciofi

Le proprietà del carciofo, le vitamine e le sostanze che contiene e del perché è bene mangiarne, le potete trovare invece su curenaturali.it. Io mi limito a notare che, come tutte le verdure, se volete conservare la maggior parte possibile delle sue proprietà organolettiche, il modo di cottura è, al solito, il vapore.

Il carciofo nella lingua

Modi di dire romani

Diciamo che per me il carciofo era associato a Calindri ed al suo “aperitivo a base di carciofo” che compariva in tutti i Carosello. Ma non è che questo sia un detto particolarmente romano.

Un modo di dire tipico romano è “essere un carciofo” che è una frase che si dice a Roma per indicare una persona insulsa e sciocca.  Non si sa l’origine di questo modo di dire; forse deriva da una descrizione di Ariosto che diceva: “durezza, spine e amaritudine molto più vi trovi che bontade”. In realtà la bontà ci sta, eccome; bisogna solo scavare un poco a fondo.

Altri nomi del carciofo

Abruzzo
scarcioffl’ Calabria
Caccioffulu, cacioffulu, canciòffulu, cancioffulu, carcioffulu Campania
carcioffola Emilia Romagna
articiòc, articiòk Friuli Venezia Giulia
articioco, articjoc Liguria
Ardiciocca, articiocca, articiocca, articiocca (Genova), spezzino Lombardia
articiòc, articioc, articiòc, articiòc, articiòch Marche
pallucca, scarciòful Piemonte
Articiocc, articioch, articioch Sicilia
cacòcciula, cacocciula (fem.), cacocciula /i Veneto
articioco

Noi, come al solito, ci siamo occupati solo della parte che ci interessa in cucina, con particolare riferimento alle ricette romane.
La prima cosa da sapere l’ho detta sopra e fa riferimento alla stagione che è meglio acquistarli perché abbia il massimo delle sue qualità: la primavera. Nei supermercati le prime mammole si trovano a partire dall’inizio del mese di dicembre. I carciofi violetti invece li potete comprare nei supermarket almeno da 15 giorni prima.

Fiore del carciofo - Cynara scolymus
Fiore del carciofo – Cynara scolymus

Storia del carciofo

La storia del carciofo è molto antica e parte dalla glaciazione. La domesticazione di quest’ortaggio risale a 2.000 anni fa, e deriverebbe dal cardo. Se volete approfondire il link che descrive l’origine di questo ortaggio è questo (origine del carciofo). Ma è un documento enorme e non ho nessuna voglia di trattarlo qui. Se volete vederlo, il link ve l’ho messo.
Diciamo solo che iniziano ad esserci notizie certe sulla sua coltivazione dal XV° secolo quando fu introdotto da un certo Filippo Strozzi; successivamente si diffuse sempre di più nel resto dell’Italia. Nei mercati in pianta stabile, cominciò ad essere diffuso dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, e cominciò ad essere coltivato in modo intensivo a partire dalla fine della Seconda.

Disciplinare del carciofo romanesco

Carciofo romanesco IGP

Dal novembre 2002, a livello europeo, la denominazione Carciofo romanesco del Lazio è stata riconosciuta indicazione geografica protetta (IGP). I comuni dove si può produrre Comprende i territori dei seguenti comuni delle province di Viterbo, di Roma e di Latina: Montalto di Castro, Canino, Tarquinia, Allumiere, Tolfa, Civitavecchia, Santa Marinella, Campagnano, Cerveteri, Ladispoli, Fiumicino, Roma, Lariano, Sezze, Priverno, Sermoneta, Pontinia.

Per essere certi di non dimenticarci nulla vediamo il disciplinare del carciofo romanesco IGP

Dividiamo in paragrafi per renderlo + leggibile

Art. 1.
L’indicazione geografica protetta (I.G.P.) “Carciofo Romanesco del Lazio” e’ riservata al carciofo (Cynara scolymus L.) di tipo romanesco che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
Art. 2.
Descrizione
Le cultivar di “Carciofo Romanesco del Lazio” da inserire nella piattaforma varietale vengono di seguito descritte:
Castellammare e relativi cloni.
a) caratteristiche morfologiche:
– pianta: taglia media o grande, altezza inserzione capolino principale intorno ai cm 30, portamento espanso, attitudine pollonifera media;
– foglia: colore verde scuro, inerme, dimensioni grandi, eterofillia media;
– capolino principale: sferico, compatto, con caratteristico foro all’apice, dimensioni grandi, brattee esterne di colore verde con sfumature violette, ad apice arrotondato, inciso, inermi.
-peduncolo medio o lungo di grosso spessore.
b)caratteristiche produttive:
– capolini per pianta: produzione media circa 6 – 8 capolini per consumo fresco, 5 – 8
capolini per utilizzazione conserviera;
– epoca di produzione: precoce con inizio gennaio. Campagnano e relativi cloni
a) caratteristiche morfologiche:
-pianta: taglia grande, altezza inserzione capolino principale intorno ai 50 cm, portamento molto espanso, attitudine pollonifera scarsa;
-foglia: colore verde cinerino, inerme, dimensioni grandi, eterofillia media;
-capolino principale: sferico, compatto con caratteristico foro all’apice, dimensioni molto grandi, brattee esterne con sfumature violette, ad apice arrotondato, inciso, inermi.
– peduncolo medio o lungo, di grosso spessore.
b) caratteristiche produttive:
– capolini per piante: produzione media circa 8 – 10 capolini per pianta per consumo fresco e 4 – 5 per utilizzazione conserviera;
– epoca di produzione: tardiva, con inizio marzo – aprile.
Art. 3.
Zone di produzione
La zona di produzione é limitata ad alcune aree delle provincie di Viterbo, Roma e Latina, e comprende i comuni di Montalto di Castro, Canino, Tarquinia, Allumiere, Tolfa, Civitavecchia, Santa Marinella, Campagnano, Cerveteri, Ladispoli, Fiumicino, Roma, Lariano, Sezze, Priverno, Sermoneta, Pontinia.
Art. 4.
Elementi che comprovano l’origine del prodotto
Il carciofo nelle campagne laziali é conosciuto sin da epoca romana, probabilmente già gli etruschi raccoglievano questo prodotto. Nei tempi moderni la coltivazione é praticata in tutte le zone di cui all’art. 3 da oltre 30 a oltre 50 anni in talune zone.
Si registrano inoltre sagre dedicate a questo prodotto in varie zone. A Ladispoli da oltre 50 anni viene festeggiato il carciofo romanesco, altre sagre del carciofo romanesco si tengono a Campagnano e Sezze, per citare solo le più importanti.
Il carciofo romanesco si é adattato splendidamente alle condizioni pedoclimatiche laziali aiutato anche dalle caratteristiche ottimali dei terreni dove viene coltivato. Il prodotto si e’ radicato fortemente nella cultura gastronomica della regione con tantissime ricette e utilizzi culinari e ha assunto negli anni una rilevante importanza economica.
Art. 5.
Metodo di produzione

Preparazione del terreno ed impianto.
Lavorazione principale: ad una profondità di 50 – 60 cm con aratura o rippatura seguita da una lavorazione superficiale; tale operazione deve essere preceduta dalla distribuzione dei concimi fosfo-potassici ed eventualmente del fertilizzante organico.
Data di impianto: da agosto a ottobre.
Distanza di impianto minima e massima da adottare: m 1 – 1,60 tra le file, m. 0,80 – 1,20sulla fila.
Analisi del terreno: obbligatorie per nuovi impianti.
Irrigazione.
Al fine di anticipare il risveglio vegetativo, si possono effettuare interventi irrigui a partire da agosto. A fine inverno sono consentiti interventi di soccorso solo in concomitanza di condizioni climatiche particolarmente asciutte. In generale, sono sufficienti dai tre ai cinque interventi irrigui di 300 – 350 mc/ha/turno.
Operazioni colturali.
La dicioccatura puo’ essere manuale o meccanica.
Al fine di reintegrare la sostanza organica nel terreno e’ obbligatorio lasciare i residui colturali sul terreno previo sminuzzamento e interramento.
Le piante infette da patogeni (verticillium spp., fusarium e nemotodi galligeni) devono essere accuratamente allontanate dal campo e bruciate.
La scarducciatura si effettua solitamente tra la seconda e la terza decade di settembre e tra novembre e dicembre.
Per il “Carciofo Romanesco del Lazio” viene allevato un solo carduccio per pianta. Sono vietati i trattamenti con fitoregolatori.
Modalita’ di raccolta e resa produttiva.
La raccolta si effettua a mano, scalarmente e con modalita’ diversa in relazione al tipo di presentazione al mercato (art. 6).
L’epoca di raccolta inizia in gennaio e potra’ protrarsi fino a maggio.
Durata e avvicendamento della carciofaia e caratteristiche qualitative.
La permanenza della carciofaia in campo non deve superare i quattro anni, si dovra’ inoltre effettuare un avvicendamento triennale.
Il “Carciofo Romanesco del Lazio” ad indicazione geografica protetta, all’atto dell’immissione al consumo fresco deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
– diametro dei cimaroli non inferiore a centimetri dieci;
– diametro dei capolini di primo e secondo ordine non inferiore a centimetri sette;
– colore da verde a violetto;
– forma di tipo sferico.
Le altre caratteristiche qualitative del prodotto devono rispondere alle “Norme di qualità” previste dal regolamento CEE n. 58/62 e successive modificazioni ed integrazioni, con l’esclusione della categoria “2” prevista dalle stesse norme di qualita’.
Per il consumo locale tradizionale e’ consentita, esclusivamente all’interno della regione Lazio, la vendita dei cimaroli del “Carciofo Romanesco del Lazio” in mazzi da dieci, provvisti di foglie e con gambo anche superiore ai 10 cm di lunghezza (regolamento CEE n. 448/97 e successive modifiche ed integrazioni), oppure in mazzi di numero non definito a forma di pigna e senza foglie.
Art. 6.
Legame con l’ambiente

La verifica della provenienza del prodotto e del legame con l’ambiente di produzione verra’
effettuata dall’organismo di controllo di cui all’art. 7, che gestira’ un apposito elenco di
produttori dell’I.G.P. “Carciofo Romanesco del Lazio”.
Art. 7.
Organismo di controllo

L’accertamento della sussistenza delle condizioni tecniche di idoneità ed i relativi controlli di cui all’art. 10 del regolamento CEE n. 2081/92 sara’ effettuato attraverso “Agroqualita’” organismo certificatore con sede in Roma – via Montebello n. 8, in conformità alle vigenti norme in materia.
Art. 8.
Etichettatura

Oltre alla denominazione di cui all’art. 1 e’ consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi d’impresa non aventi significato laudativo e tali da non trarre in inganno l’acquirente.
E’ consentito altresi’ l’uso di indicazioni geografiche e toponomastiche che facciano riferimento a comuni, frazioni, are, fattorie, zone e località comprese nei comuni di cui all’art. 3 e dai quali effettivamente proviene il carciofo con la indicazione geografica protetta.
Il marchio dovrà essere riprodotto cosi’ come depositato con una scritta concentrica esterna verde in campo giallo riportante la seguente dicitura: “Carciofo Romanesco del Lazio”; e in basso in nero “I.G.P.”. Al centro la figura di un capolino di carciofo in campo rosa tendente all’arancio.
Imballaggio: confezioni sigillate ricoperte con rete di plastica o foglio di plastica
trasparente.
Il marchio verrà apposto lateralmente nella confezione. Nel caso di vendita in mazzi verrà
inserito in una fascia che avvolge gli stessi.

Indici colorimetrici

Nota: Siccome il carciofo è composto da vari colori sfumati, è stato diviso in quadranti in cui vi e’ un colore predominante e quindi indicare la porzione della figura interessata con la dizione: quadrante in alto a destra, quadrante in alto a sinistra,

Sono indicati in pratica i colori del logo con precisione con la codificazione Pantone.

Fascia concentrica esterna di colore |giallo |PANTONE r yellow

Scritta: “carciofo romanesco del Lazio” in colore verde |PANTONE r 357

La scritta I.G.P. di colore nero |PANTONE r black

Marchio di forma circolare di colore rosa tendente all’arancio |PANTONE r 217

Gambo e foglie | 60% verde |PANTONE r 340

Gambo e foglie | 40% verde |PANTONE r 360

*Carciofo quadrante in alto a destra: | 70% violetto |PANTONE r 266

*Carciofo quadrante in alto a destra | 10% giallo |PANTONE r 113

*Carciofo quadrante in alto a destra | 10% verde |PANTONE r 340

*Carciofo quadrante in alto a destra | 10% arancio |PANTONE r 158

*Carciofo quadrante in alto a sinistra| 60% violetto |PANTONE r 266

*Carciofo quadrante in alto a sinistra| 15% arancio |PANTONE r 158

*Carciofo quadrante in alto a sinistra | 15% giallo |PANTONE r 113

*Carciofo quadrante in basso a destra | 90% violetto |PANTONE r 266

*Carciofo quadrante in basso a destra | 10% giallo |PANTONE r 113

*Carciofo quadrante in basso a sinistra | 50% giallo |PANTONE r113

*Carciofo quadrante in basso a sinistra | 40% arancio |PANTONE r 158

*Carciofo quadrante in basso a | sinistra 10% violetto |PANTONE r 266

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1 commento su “I carciofi romaneschi o mammole”

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